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           Mostra Museo Alternativo "Remo

           Brindisi" di  Lido di Spina

 

          Catalogo per la mostra presso la

          galleria "Il Centrozero" di Angri (1982)

 

 

           Catalogo per la mostra presso il

           Museo Alternativo "Remo Brindisi

           di  Lido di Spina (agosto 1982)

 

Proprio in questi ultimi tempi un artista "segnico-gestuale" come Emilio Vedova (che recentemente Argan ha definito "il fratello veneziano di Pollock e Kline") si sta ponendo come punto di riferimento di una vasta produzione pittorica giovanile europea, in special modo tedesca. La riattualizzazione di un certo discorso informale, vale a dire dell'informale del segno e dell'azione, probabilmente sta ad indicare che alcune ricerche si muovono ancora nell'area spirituale della crisi dei valori oggettivi a tutto vantaggio del soggetto, epperò d'un soggetto che non si chiude in se stesso, in una interminabile analisi introspettiva destinata ad isolarlo dalla realtà esterna, ma che al contrario, attraverso il gesto e l'azione, vuole riappropriarsi del mondo con il quale intende instaurare rapporti di relazione vivi e fattivi.

In questo contesto mi pare che possa collocarsi il lavoro di Augusto Piccioni, un giovane artista marchigiano che, dopo esordi figurativi coincidenti con la fase quadriennale dell'esperienza scolastica presso l'Accademia di Belle Arti di Macerata, ha deciso di fare tabula rasa di quanto ha appreso e assimilato, per ricominciare il discorso daccapo, arricchito però da acquisizioni che ha voluto superare ma non rifiutare. La sua "rinascita" espressiva (o nascita vera e propria sul piano professionale, se si preferisce) egli l'ha cominciata ponendosi di fronte al piano di proiezione sul quale ha steso, senza alcuna intenzione razionale, superfici cromatiche a macchia: come una nebulosa colorata e materica, una specie di nucleo informe originario, da cui far uscire, con gradualità, l'embrione vitale. Ne è venuto fuori un risultato abbastanza riferibile a certe opere di De Kooning eseguite all'inizio degli anni Sessanta, con colori piuttosto opachi dove la valenza materica prevale su quella cromatica con qua e là qualche piccola accensione di rosso, qualche interiezione di bianco, alcuni tocchi conclusivi di nero in mezzo a dominanti rosa e giallo spento.

Poi quello che potremmo chiamare l'elemento monocellulare del rinato Piccioni si è fatto via via più complesso e si è caratterizzato come segno emergente sulla superficie colorata, un segno portatore di valori cinetici riconducibile all'esempio di Georges Mathieu. Contemporaneamente la cromia delle superfici si è caricata di vitalità, impostandosi sulla combinazione dei colori primari e di quelli complementari con una sorta di adesione alla sensibilità di un Van Gogh interpretato al di fuori del legame con il dato naturale e figurativo. E allora anche il segno è diventato significante cromatico, mai tracciato con il nero ma piuttosto con un colore primario (rosso, azzurro, giallo), nato per filiazione dalla realtà di superficie che lo proietta in fuori e non elemento che vi si aggiunge decorativamente.

Attraverso questo processo espressivo, Piccioni é come se si attenesse ai suggerimenti di Mathieu che nel 1960 scriveva in "Ring": "L'introduzione della rapidità d'esecuzione, il rifiuto della premeditazione sia nello scopo che nel gesto, la presenza di un certo stato d'estasi, costituiscono le tre condizioni che rendono possibile la rivelazione". Siamo nella poetica dell'astrazione lirica che corrisponde pienamente alle esigenze spirituali dell'artista ascolano il quale, mediante l'intervento attivo e dinamico della soggettività, intende rivelare, servendosi del colore e del segno-materializzazione-del-gesto, la poesia della natura.

Le superfici colorate di Piccioni, infatti, altro non sono che la proiezione, sul piano, dei sentimenti che la natura (e nella fattispecie il paesaggio marchigiano) suscita nella sfera emotiva dell'operatore; la scelta dei colori primari e complementari dello spettro solare, nonché la vitalità del gesto, rappresentano poi la volontà di un rapporto non passivo con la natura, intensamente vissuto e potenzialmente trasformatore del mondo, nella logica dunque della fenomenologia trascendentale di Husserl secondo cui il soggetto partecipa alla costruzione dell'esistente.

Armando Ginesi

 

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Presentazione in catalogo per le mostre presso "Il Centrozero" di Angri, gennaio 1982 ed il "Museo alternativo Remo Brindisi" di Lido di Spina, agosto 1982.

 

 
 
 

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AUGUSTO   PICCIONI